La strage di via D’Amelio non colpì solo il magistrato Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
Ci fu un’altra vittima di cui pochi parlano.
Si tratta di Rita Atria, di appena 18 anni.
La sua breve vita è una vita impregnata di mafia: il padre e il fratello appartengono a una cosca mafiosa del trapanese e rimangono entrambi uccisi nelle lotte tra clan. E’ la cognata Piera Aiello, moglie di quel fratello mafioso, a rompere il patto di omertà, denunciando gli assassini e collaborando con la Polizia, che la mette sotto scorta a Roma. Rita decide di seguire il suo esempio. Si reca a Marsala in segreto e ottiene di parlare proprio con Paolo Borsellino, a cui si lega come a un padre, provocando l’arresto di decine di mafiosi. La famiglia la ripudia e anche Rita viene trasferita in segreto a Roma.
La sua condizione non è semplice, ma la voglia di riscatto la porta a scrivere parole di speranza e ottimismo, chiedendo che sempre più giovani si ribellino alla mafia.
Il 19 luglio 1992 però tutto crolla. Borsellino, l’uomo che le aveva teso la mano e le aveva promesso una rinascita, muore.
Rita perde ogni speranza, il suo sogno di riscatto si spezza: “Quelle bombe in un secondo spazzarono via il mio sogno, perché uccisero coloro che, col loro esempio di coraggio, rappresentavano la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto. Ora tutto è finito. […] Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta”.
Rita Atria muore dopo essersi gettata dal quinto piano del palazzo di Roma dove vive nascosta.