Il 10 giugno 1963 i rappresentanti della comunità buddhista di Saigon avvisarono la stampa americana che l’indomani sarebbe accaduto qualcosa nell’incrocio stradale davanti all’ambasciata Cambogiana. Solo pochi giornalisti presero seriamente la notizia, tra cui David Halberstam del New York Times e Malcolm Browne dell’Associated Press.
Ciò che videro fu un gruppo di circa 350 monaci e monache marciare assieme ad un’auto azzurra che portava cartelli in vietnamita e in inglese inneggiando all’eguaglianza religiosa. Arrivati all’incrocio tra il Boulevard Phan Dinh Phung e via Le Van Duyet dall’auto fu estratto un cuscino da meditazione, Thích Quảng Đức vi si sedette nella posizione del loto e cominciò a meditare sgranando l’Akṣamālā di grani di legno recitando il mantra del Buddha. Un altro monaco del gruppo cominciò a versare una tanica di benzina sul corpo di Thích Quảng Đức.
Una volta raggiunto uno stato di concentrazione meditativa sufficiente Thích Quảng Đức accese un fiammifero e avvampò in una grande fiammata.David Halberstam descrisse la scena durante la quale Thích Quảng Đức rimaneva immobile e in silenzio, mentre la gente accorsa piangeva, pregava o si prosternava, cosa che fece anche un poliziotto, mentre un monaco all’altoparlante ripeteva: “Un monaco si dà fuoco, un monaco diventa martire”.
L’auto-immolazione del monaco, per protesta contro il governo vietnamita che aveva un atteggiamento persecutorio nei confronti dei Buddisti, venne immortalata da Malcolm Browne, vincitore, grazie a questa foto, del premio World Press Photo of the Year per il 1963. Dopo la morte, il corpo di Thích Quảng Đức fu nuovamente cremato. Il fatto che tra le ceneri fosse ritrovato intatto il cuore convinse definitivamente i buddhisti del valore della sua compassione e da allora viene venerato come bodhisattva.