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“Signor Ramsey, Ascolti bene! Siamo un gruppo di persone che rappresenta una piccola fazione straniera. Rispettiamo il suo lavoro ma non la nazione per cui lo svolge. In questo momento sua figlia è in nostro possesso. È sana e salva e se vuole che veda il 1997, deve seguire le nostre istruzioni alla lettera.”
Questo l’inizio della lettera di riscatto indirizzata al ricco uomo d’affari John Bennett Ramsey dove si parla chiaramente del rapimento della figlia, la piccola JonBenét Ramsey di appena sei anni e già protagonista di numerosi concorsi di bellezza.
E’ la mattina del 26 dicembre 1996 e Patricia Ann “Patsy” Paugh, la mamma di JonBenét, è in piedi già dalle 5:30 del mattino in previsione della partenza con la famiglia per festeggiare le vacanze di Natale.
E’ proprio lei che, sulle scale di servizio che conducono alla cucina, trova i tre foglietti estratti da un suo block notes, dove i rapitori chiedono un riscatto per la figlia.
Nonostante i rapitori si siano raccomandati di non parlare con nessuno del rapimento, pena la morte della bambina, Patricia avvisa immediatamente sia la Polizia che parenti e amici.
La Polizia, recatasi a casa Ramsey, ha intanto constatato che la cifra richiesta di 118.000 dollari è l’esatto corrispondente del premio natalizio ricevuto da John Bennet e che da un primo sopralluogo, non emergono segni di effrazione.
Solo alle 13:00, lo stesso John Bennet ritrova il corpo della figlia nel seminterrato di casa.
Il corpo giace a terra, avvolto da una coperta. Un nastro adesivo sulla bocca, i polsi sono legati con una corda che risulta essere molto allentata. Intorno al collo della bambina è stata legata una garrota, formata con una corda di nylon e un pennello preso direttamente dalla casa.
Un cuoricino è stato disegnato sul palmo della mano sinistra con un pennarello rosso (ma non si saprà mai se fatto dall’assassino o meno).
Dal momento del ritrovamento del corpo, numerosi parenti, amici e funzionari di Polizia entrano ed escono dalla casa dei Ramsey inquinando irreversibilmente le potenziali prove.
Dall’autopsia, svolta il giorno successivo, emergono alcuni dettagli particolari: la causa della morte è asfissia da strangolamento, associata ad un trauma cranico causato da un corpo contundente. Lo strangolamento è stato effettuato da dietro, segno forse che l’assassino non voleva vedere in viso la sua vittima. Inoltre, il nastro adesivo sulla bocca della bambina pare essere stato posizionato post mortem. Nello stomaco di JonBenét vengono ritrovati residui di ananas, che devono essere stati necessariamente ingeriti 2/3 ore prima della sua morte, nonostante i genitori assicurano che la bambina fosse a letto a dormire in quelle ore.I sospetti si concentrano immediatamente sui parenti della piccola: si pensa ad uno scatto d’ira dei genitori, ma anche ad un incidente tra il fratello di 9 anni e la bambina, coperto poi da Patsy e John Bennet che avrebbero inscenato un sequestro di persona.
Per anni si continua a sospettare degli stessi famigliari di JonBenét, finché nel dicembre del 2003 non si risale ad un profilo grazie al sangue misto trovato sugli slip della bambina. Finalmente si possono concentrare le indagini su di un individuo misterioso caucasico e di sesso maschile, ma, nonostante siano in diversi ad autoaccusarsi del crimine, ad oggi non è ancora stato individuato il colpevole.