Nella Roma alto borghese del 1970, un sanguinoso fatto di cronaca si consumò, sconvolgendo gli italiani sia per la sua violenza, che per i perversi risvolti che portò con sé.
E’ una sera di fine estate del 30 agosto 1970, quando alle 22:00 circa, arriva in questura una telefonata poiché sono stati uditi dei colpi di arma da fuoco al numero 9 di via Puccini, un quartiere elegante di Roma.
Quando arriva sul posto, la polizia scopre nell’appartamento, tre cadaveri. Sono quelli del Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, anni 45, Fallarino Anna, anni 41, sua moglie, Massimo Minorenti, 25 anni, studente universitario, la cui presenza sulla scena del delitto pare inizialmente molto anomala.
Ma partiamo dall’inizio.
Il Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, detto Camillino dagli amici, è il rampollo di una delle famiglie più in vista dell’aristocrazia italiana. E’ figlio dell’omonimo Camillo che agli inizi del ‘900 aveva sposato Luisa Amman, una vera e propria musa per gli artisti europei del ‘900, celebre per la sua vita eccentrica e per essere stata amante di Gabriele D’Annunzio, dando scandalo.
Il Marchese Camillo II trascorre quindi le sue giornate da ereditiere dividendosi tra battute di caccia e la una grande passione per i cavalli.
Anna Fallarino, al contrario, è di umili origini e arriva a Roma negli anni ’40 dalla provincia di Benevento. E’ alta, sensuale e dalle forme generose secondo la moda di allora.
Trova presto lavoro come commessa, ma sa bene come usare la sua bellezza e sogna lo spettacolo, riuscendo ad ottenere una particina accanto a Totò in “Tototarzan”.
Poco dopo, conosce Giuseppe Drommi, un ricco ingegnere che la sposa, consentendole così di avviare la sua scalata sociale, cominciando a frequentare i salotti più in voga della città tra lussi e vita mondana.
Sarà proprio suo marito a presentarle, qualche anno dopo in Costa Azzurra, il Marchese Casati Stampa. E’ da subito un incontro travolgente e i due diventano presto amanti.
Il 21 giugno 1961, si sposano in chiesa (dopo un primo matrimonio civile 2 anni prima) dopo che la Sacra Rota aveva provveduto ad annullare le precedenti nozze, ma il loro rapporto è da subito molto particolare, per certi versi morboso.
Camillo scatta numerose fotografie alla moglie e Anna appare compiaciuta nel farsi spogliare dall’obiettivo del marito, ma ciò che in particolare dà piacere al Marchese Casati, è vedere Anna insieme ad altri uomini.
E’ questa la sua perversione.
Sono decine e decine i rapporti che la Marchesa consuma con militari, bagnini e camerieri. E’ lo stesso Camillo ad organizzare gli incontri e a pagare le prestazioni dei partner.
Scrive nel suo diario: “Siamo stati sul litorale di Fiumicino. In molti la guardavano. Abbiamo scelto un giovane. E’ stato appagante. Lo abbiamo ricompensato con 30 mila lire”.
Questa intesa tra i coniugi dura 11 anni ed è facile capire su quale sottile filo venga mantenuta.
E’ sempre lui a scegliere i momentanei amanti di sua moglie, fino a quando un imprevisto non incrina questo copione.
Anna sceglie da sola. Non sono più i capricci di suo marito, ma una sua autonoma decisione e nella loro vita entra il giovane Massimo Minorenti segnando l’inizio della fine. Camillo inizia ad intuire di come, per la prima volta, la donna lo tradisca con il cuore, escludendolo dal gioco.
Nel suo diario il Marchese scrive: ” Io sto lentamente morendo e ho perso in tutto. Non sopporto più questa situazione”.
Pensa al suicidio, scrive alla sua amata chiedendole di andarlo a trovare presso lo storico Mausoleo di famiglia al cimitero di Muggiò una volta morto. Poi, però, ci ripensa.
Camillo imbraccia uno dei suoi fucili da caccia, nel caricatore cinque cartucce da cinghiale.
Le prime due pallottole sono per Anna. La colpisce al braccio e in pieno petto. Massimo Minorenti viene raggiunto prima alla schiena, poi alla testa, mentre cerca di ripararsi dietro ad un tavolino.
Fuori di sè, Camillo si riavvicina poi alla moglie e le spara un ultimo colpo alla gola.
Infine, dopo aver ricaricato il fucile, punta il calcio contro la spalliera di una poltrona, posiziona la canna del fucile sotto il mento, tira il grilletto e la testa gli esplode.
Un’immagine si fissa in quella tragica scena: dal petto squarciato della donna, cola un rivolo di sostanza bianca e densa che al momento nessuno riesce ad identificare. Solo più tardi, il medico legale dirà che si tratta di silicone. Anna è una delle prime donne italiane ad aver modificato il seno.
Sul tragico epilogo sono rimaste numerose incognite. Il segreto che legava quelle tre persone è morto con loro.