Siamo drammaticamente abituati a pensare come in un campo di concentramento non ci possa essere che morte e desolazione, ma ci fu una donna che si batté strenuamente per la vita.
Stanisława Leszczyńska, un’ ostetrica polacca, al suo arrivo al campo di concentramento di Auschwitz decise di mettere a disposizione le sue conoscenze per le donne del campo finché non arrivò l’occasione per mostrare i suoi attestati di lavoro al famigerato dottor Mengele, per cercare di mettere fine ai suoi infanticidi e aiutare attivamente le partorienti che passavano dalla sua infermeria.
All’ordine perentorio di uccidere ogni neonato disobbedì circa tremila volte, tante quanti sono i bambini che fece nascere.
Neanche un bambino nacque morto e nessuna partoriente perse la vita.
Contro ogni previsione, la natura, opponendosi all’odio, lottava con ostinatezza per i suoi diritti, attraverso una inesauribile fonte di vita.
Stanisława si occupò, almeno finché le fu possibile, anche di nascondere i neonati, di sfamarli e riscaldarli, con la sola soddisfazione di aver fatto fiorire la vita anche in quell’inferno.
Nonostante l’impegno della donna però, solo una trentina di bambini sopravvisse nel campo, mentre circa 500 vennero portati via alle loro madri per essere affidati a famiglie tedesche senza figli.
Tutti gli altri, purtroppo, perirono in lager.