ACCADDE OGGI: 4 novembre 1966. Alluvione di Firenze
L’alluvione del 1966 fu un evento eccezionale ed inaspettato per le sue proporzioni; mai a Firenze l’Arno, che pure aveva esondato spesso, aveva raggiunto una tale furia, come attestano le targhe relative alle alluvioni precedenti come quella, fino ad allora reputata disastrosa, del 3 novembre 1844.
Fortunatamente, le vittime furono relativamente poche poichè in città e nei dintorni ci si preparava a trascorrere in casa il 4 novembre, anniversario della vittoria nella prima guerra mondiale, allora festa nazionale. Nessuno può dire cosa sarebbe accaduto se le acque avessero sorpreso i fiorentini che andavano al lavoro o i contadini all’opera nei campi in un giorno feriale.
Il sindaco Piero Bargellini, assediato dalle acque in Palazzo Vecchio, fu tra i primi a mandare le prime richieste di aiuto.
L’alluvione del 1966 fu un evento eccezionale ed inaspettato per le sue proporzioni; mai a Firenze l’Arno, che pure aveva esondato spesso, aveva raggiunto una tale furia, come attestano le targhe relative alle alluvioni precedenti come quella, fino ad allora reputata disastrosa, del 3 novembre 1844.
La gente comune, con gli esperti al lavoro, non perse tempo per ripristinare le abitazioni e le attività economiche. In quei giorni di opere d’arte offese da acqua, fango e nafta si vide che un’altra opera d’arte, il sarcasmo fiorentino, aveva resistito egregiamente alla piena. Alcune trattorie devastate esposero cartelli con scritto “oggi specialità in umido” e negozi sventrati annunciavano cartelli con frasi del tipo: “ribassi incredibili, prezzi sott’acqua!Vendiamo stoffe irrestringibili, già bagnate”. Comunque, si può dire che Firenze ritrovò una sorta di normalità in poche settimane, tanto che fu possibile addobbare il centro storico per le feste di Natale con…alberi decorati con residuati dell’alluvione.
Durante l’alluvione don Lorenzo Milani si prodigò affinché anche da Barbiana partissero aiuti alla volta di Firenze a base di acqua e pane. L’unico aiuto finanziario del governo fu una somma di 500mila lire ai commercianti, erogata a fondo perduto e finanziata con l’usuale sistema dell’aumento del prezzo della benzina (10 lire al litro). La FIAT ed altre case automobilistiche offrirono a chi aveva perso l’auto uno sconto del 40% per comprarne una nuova e una “supervalutazione” di 50mila lire per i resti della macchina alluvionata.
È inevitabile che più duratura nella memoria sia rimasta la tragedia, sia pure incruenta, del patrimonio artistico della città: migliaia di volumi, tra cui prezios imanoscritti o rare opere a stampa furono coperti di fango nei magazzini della Biblioteca Nazionale Centrale, e una delle più importanti opere pittoriche di tutti i tempi, il Crocifisso di Cimabue conservato nella Basilica di Santa Crocedeve considerarsi, nonostante un commovente restauro, perduto all’80%. La nafta del riscaldamento impresse le tracce del livello raggiunto dalle acque su tanti monumenti; la Porta del Paradiso del Battistero di Firenze fu spalancata dalle acque, e dalle ante sbattute violentemente si staccarono quasi tutte le formelle del Ghiberti. Innumerevoli i danni ai depositi degli Uffizi, ancora non completamente risarciti dopo anni di indefessi restauri, che tra l’altro hanno portato le istituzioni fiorentine per il restauro ad essere considerate fra le principali del mondo. Un vero e proprio esercito di giovani e meno giovani di tutte le nazionalità volontariamente, subito dopo l’alluvione, arrivarono a migliaia in città per salvare le opere d’arte e i libri, strappando al fango e all’oblio la testimonianza di secoli di Arte e di Storia. Questa incredibile catena di solidarietà internazionale rimane una delle immagini più belle nella tragedia. I giovani, chiamati ben presto gli “Angeli del fango”, sono anche uno dei primi esempi di mobilitazione spontanea giovanile nel XX secolo.
Per concludere ecco un aneddoto più o meno vero su di un’operazione di salvataggio. Lo spirito toscano fece persino diventare umoristico e simpatico un drammatico salvataggio di alcune suore anziane di un convento di San Piero a Ponti, che erano state raggiunte da alcuni coraggiosi soccorritori versiliesi: la corrente ancora impetuosa rendeva molto difficili le operazioni, stante anche la comprensibile paura delle religiose che dovevano calarsi da una finestra. Il drammatico salvataggio si risolse però in una scena umoristica, con i soccorritori che bestemmiavano a non finire e le suore a pregare. La vicenda si concluse però al meglio col salvataggio delle suore e, passate la paura e la tensione, con reciproche attestazioni di simpatia tra i protagonisti della vicenda.