Oggi, più di 30 anni fa le truppe corazzate conversero a Pechino per sopprimere le proteste a favore della democrazia che si stavano svolgendo in piazza Tienanmen. Studenti provenienti da più di 40 università avevano marciato su piazza Tienanmen il 27 Aprile, dove furono raggiunti da operai, intellettuali e funzionari pubblici. A maggio più di un milione di persone riempì la piazza, luogo in cui nel 1949 Mao Zedong aveva dichiarato la nascita della Repubblica Popolare Cinese.
Il 5 giugno 1989 la tragedia.
L’ambasciatore brittanico Alan Donald riferì che i carri armati passarono ripetutamente sui protestanti con il preciso scopo di ferire i rivoltosi. I cadaveri vennero poi raggruppati e raccolti con dei bulldozer.
Ancora oggi le stime dei morti variano. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, ma poi abbassò il numero di militari uccisi ad “alcune dozzine”. La CIA stimò invece 400–800 vittime. La Croce Rossa riferì 2.600 morti e 30.000 feriti. La Cina rifiuta tuttora di parlare di questa rivolta.