Ci fu un uomo, negli anni ’70, talmente potente da essere rinominato “Il banchiere di Dio”.
Ma il potere comporta spesso oneri troppo grandi e Roberto Calvi morì in uno dei suicidi più oscuri della storia. Una vicenda così intricata, fatta di inganni e corruzione, da meritare una FASCIA DARK.
Roberto Calvi nasce a Milano il 13 aprile 1920.
E’ figlio di un banchiere e, come il padre, si ritrova a lavorare in banca presso il Banco Ambrosiano.
Assunto inizialmente come normale impiegato, in ventotto anni Calvi compie una scalata implacabile che lo porta ad essere il Presidente del Banco e uno dei nomi di riferimento della finanza italiana ed internazionale.
Il Banco Ambrosiano, si sa, era un istituto legato allo IOR: la banca vaticana che, con il 16% della azioni del Banco, ne era la principale azionista. Per undici anni, enormi quantità di denaro transitano per la Banca di Calvi che diventa noto come “Il banchiere di Dio”.
Tuttavia le manovre finanziarie tenute da Calvi sono tutto fuori che moderate. Segue strategie azzardate e pericolose al punto di giungere a creare un insieme di “società fantasma”, dislocate nei paradisi fiscali. Il banchiere rimane al di sopra di ogni sospetto e continua la sua scalata al potere grazie alla fitta rete di conoscenze e favori coltivati nel tempo: esponenti della mafia corleonese, membri della politica corrotta, esponenti dei servizi segreti impegnati a contrastare i movimenti marxisti nell’America Latina. Per non parlare del rapporto con Michele Sindona, membro della P2 che immediatamente lo arruola nella Loggia. Tutti sono disposti a coprire ed aiutare Calvi.
O almeno, fino al 1978.
E’ in quell’anno che la Banca d’Italia inizia le indagini sul Banco Ambrosiano rivelando tutte le trame irregolari di Calvi. Nel frattempo vengono scoperti gli elenchi della Loggia P2 che deve cessare le sue attività lasciando Calvi privo della sua protezione principale.
Sono anni di crisi per il Banco Ambrosiano che viene più volte soccorso con finanziamenti esterni ottenuti tramite tangenti.
Senza la P2, Calvi arriva a chiedere protezione persino allo IOR e al Vaticano stesso, ma è tutto inutile e poco dopo viene arrestato e condannato per reati valutari.
In attesa dell’appello, Calvi tenta un’ultima disperata manovra entrando in contatto addirittura con la banda della Magliana e il boss mafioso Pippo Calò, riducendosi a riciclare denaro, ma è tutto inutile.
A Calvi non rimane che fuggire a Londra per scampare alla condanna.
E’ proprio a Londra che, il 18 giugno 1982, Calvi viene ritrovato morto.
L’uomo pare essersi impiccato ad un traliccio del Ponte dei Frati Neri, sul Tamigi, a circa 7 km di distanza dal suo hotel, ma ci sono molte stranezze che non convincono del tutto: il corpo di Calvi ha infatti alcuni mattoni nelle tasche, l’equivalente di 15.000 dollari in contanti, due orologi, di cui uno fermo all’1:45, probabile ora del decesso, e un passaporto falso con le generalità di Gian Roberto Calvini. Il collo di Calvi è inoltre intatto e gli investigatori paiono ignorare i due segni sullo stesso collo, che riporterebbero ad uno strangolamento piuttosto che ad un’impiccagione. Le mani sono infine legate dietro alla schiena. Anche il punto dove è stato ritrovato il cadavere non sembra facilmente accessibile da un uomo di sessant’anni, non avvezzo all’attività fisica e appesantito da circa 5 kg di mattoni. Gli iconici baffi sono rasati di fresco, forse per nascondere tracce di stupefacenti o narcotici fatti assumere con la forza al banchiere. Non viene nemmeno considerato il dettaglio della morte della sua segretaria personale, avvenuto solo il giorno prima, quando la donna si era gettata dal quarto piano del palazzo dove aveva sede il Banco Ambrosiano.
Per la magistratura inglese si tratta senza dubbio di suicidio, eppure passano solo sei mesi e la Corte Suprema del Regno Unito annulla la sentenza.
Dopo dieci anni dal fatto, in Italia si giunge alla conclusione che Calvi sia stato ucciso, ma tutti gli imputati tra cui Pippo Calò e il boss della Magliana Diotallevi, vengono assolti. I personaggi coinvolti in Vaticano non saranno nemmeno indagati perché non perseguibili dalla legge italiana.
Sono in molti a meritare il sospetto di essere i mandanti del delitto: il Vaticano, la massoneria comandata forse da Giulio Andreotti, persino la Camorra legata al clan dei Corleonesi che si erano affidati a Calvi per i loro investimenti perdendo poi il denaro con la crisi del Banco Ambrosiano.
Dopo quasi 40 anni, l’omicidio del ‘Banchiere di Dio’ resta senza colpevoli. Dal Banco Ambrosiano al ponte dei Frati neri, il destino di Roberto Calvi resta nel buio.