Tutti conosciamo Reinhold Messner, il primo alpinista nella storia a scalare tutti e 14 gli 8 mila senza l’ausilio di bombole di ossigeno, ma non tutti conosciamo la tragica storia del fratello minore Gunther Messner, alpinista a sua volta, che con Reinhold formava una cordata molto affiatata.
E’ l’autunno del 1969 e Reinhold ha ormai già raggiunto una certa fama nel mondo alpinistico grazie alla sue imprese, nonostante la sua giovanissima età. Reinhold ha infatti 26 anni, ma grazie ai suoi successi, viene invitato a prendere parte ad una cordata austriaca organizzata da Karl Maria Herrligkoffer con lo scopo di tentare la salita del Nanga Parbat, la montagna nuda. In seguito alla rinuncia di un partecipante, l’invito viene esteso anche a Gunther, all’epoca ventiquattrenne, che entra a far parte del gruppo.
La spedizione prende il via l’estate successiva: a causa di un improvviso peggioramento delle condizioni meteo, Reinhold decide di salire da solo lungo la parete Rupal, mentre gli altri partecipanti avrebbero attrezzato il canalone con le corde per facilitare la discesa. A sorpresa però, Gunther si unisce al fratello.
I due proseguono quindi insieme e raggiungono la vetta nel tardo pomeriggio del 27 giugno 1970. La salita è stata però impegnativa e Gunther ne è uscito provato a tal punto da iniziare a soffrire di allucinazioni, a causa dall’altitudine e dalle rigide temperature. I due inoltre non hanno scorte di acqua e cibo né corde e la bufera è ormai in arrivo.
Allestiscono un bivacco di emergenza con 30 gradi sottozero, in condizioni al limite della sopravvivenza.
La notte passa e il 28 giugno si inizia la discesa.
Partire senza aspettare l’arrivo dei compagni sembra infatti la scelta migliore (o almeno, quella che porterebbe Gunther a valle il prima possibile), e Reinhold decide di percorrere il versante Diamir, all’epoca inesplorato, invece del Rupal, perché lo giudica più diretto. Reinhold, precedendo il fratello di circa 150 metri, gli apre la strada attraverso crepacci e seracchi pur essendo entrambi quasi allo stremo delle forze.
E’ il 29 giugno quando arrivano quasi alla fine della discesa, ma Gunther, proprio vicino alla salvezza, viene travolto da una valanga e scompare.
A Reinhold, disperato, non rimane che cercare invano il fratello per un giorno e una notte, per poi crollare sfinito. Le drammatiche ricerche gli hanno provocato numerosi congelamenti a sette dita dei piedi (subirà anche una parziale amputazione) tali da impedirgli di camminare. Inoltre, i componenti della spedizione, credendo morti entrambi i fratelli Messner, non hanno avviato nessuna spedizione di ricerca o di soccorso.
Solo la sua esperienza gli consente di arrivare a valle dove riceve finalmente l’aiuto degli abitanti del luogo.
Il rientro a casa è chiaramente traumatico e Reinhold è sconvolto dalla scomparsa del fratello oltre che divorato dai sensi di colpa.
L’opinione pubblica lo distrugge perché sono in molti a criticargli di aver sacrificato Gunther per la propria ambizione, abbandonandolo in vetta per poter attraversare per primo in solitaria il versante Diamir o mandandolo in discesa da solo sul versante Rupal. Nemmeno la famiglia ha un trattamento più comprensivo verso di lui: “Tornato a casa, ho affrontato lo sguardo di tutti. I genitori, i sette fratelli. Sentivo il loro rimprovero: dovevi riportarcelo. È stato molto doloroso”.
Nonostante le critiche, Reinhold torna l’anno successivo su quelle cime maledette, eppure non gli riesce di ritrovare il corpo dell’adorato fratello, scomparso nel nulla.
Ci vorranno 30 anni perché i ghiacciai del versante Diamir restituiscano un osso umano, che successive analisi del DNA confermeranno appartenere a Günther.
Il corpo sarà ritrovato il 17 agosto del 2005, sulla parete Diamir, a 4600 metri di quota, nel punto esatto dove Reinhold dichiarava fosse scomparso. E’ proprio Reinhold ad identificare il corpo, riconoscendo i capelli e l’abbigliamento di Gunther. I resti vengono bruciati, secondo l’uso tibetano, anche se Reinhold riesce a conservare uno scarpone contenente alcune ossa; l’analisi del DNA su questi resti confermerà che il corpo appartiene a Gunther.