Il 26 Aprile 1986, una serie di esplosioni distrussero il Reattore N°4 della Centrale Nucleare di Chernobyl, lasciandosi dietro una nube di fuoco e fumo che ha bruciato per 10 giorni prima di essere domata da vigili del fuoco e militari. Più di 50 lavoratori e vigili morirono in quei giorni, ma la nube radioattiva si sparse per mezza Europa. Nelle vicinanze la radiazione arrivò a livelli così alti da dover evacuare tutti all’istante. Le stime sui morti dovuti alle radiazioni sono ancora molto difficili da stabilire con certezza, e vanno da un minimo di 4.000 ad un massimo di oltre 200.000. Enormi quantità di cemento sono state versate per seppellire il reattore, ma molto è già stato corroso e nel 2013 è stato creato il NSC (New Safe Confinement), che è una cassa di oltre 20.000 tonnellate, in acciaio, che dovrebbe contenere l’intera struttura per almeno il futuro prossimo. Davanti alla ciminiera si vede parte del reattore 4 ormai distrutto. Dietro la ciminiera, e molto vicino al reattore 4 c’è anche il reattore 3, che è stato fermato soltanto il 6 Dicembre 2000. Riguardo alle cause dell’incidente sono state pubblicate due tesi. La prima, contenuta nel rapporto pubblicato dalle autorità nell’agosto 1986, attribuiva la responsabilità interamente agli operatori dell’impianto. Un diverso giudizio fu espresso in un secondo studio pubblicato nel 1991, dove si evidenziava anche il ruolo delle gravi debolezze intrinseche di progettazione del reattore nucleare, e un elemento importante tra gli altri risultò essere un errore nella progettazione delle barre di controllo. La nube radioattiva si sparse presto su tutta l’Europa e negli anni seguenti migliaia e migliaia di persone sono morte o nate con gravi deformazioni a causa delle radiazioni e dei tumori che provocavano. Ancora oggi si sentono gli effetti di questa catastrofe.