14 febbraio 2004. Viene trovato morto Marco Pantani
Soprannominato “il Pirata”, Pantani è stato l’ultimo dei ciclisti (dopo Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain) ad aver vinto Giro d’Italia e Tour de France nello stesso anno.
Escluso dal Giro 1999 a seguito di un valore di ematocrito al di sopra del consentito, Pantani risentì del clamore mediatico suscitato dalla vicenda e, pur tornato alle gare non molto tempo dopo, raggiunse solo sporadicamente i livelli cui era abituato. Caduto in depressione, morì il 14 febbraio 2004 a Rimini, per arresto cardiaco dovuto a presunto eccesso di sostanze stupefacenti.
Pantani è considerato, assieme a Gino Bartali, Charly Gaul e Federico Bahamontes, uno dei più grandi scalatori di ogni epoca. Dopo la sua morte, Charly Gaul dichiarò che probabilmente Pantani era stato più forte anche di lui.
La madre di Marco Pantani, Tonina, affermò sempre che il modo che Marco avrebbe scelto per assumere la droga per suicidarsi, ossia l’ingestione di cocaina, non è verosimile, in quanto sarebbe morto prima di assumere tutta quella quantità, sei volte la dose letale. La signora Pantani sostiene da sempre che il figlio sia stato assassinato simulando un’overdose, probabilmente per farlo tacere riguardo a qualche scomodo segreto.
Tonina Pantani ha richiesto più volte la riapertura dell’indagine archiviata, sostenendo che le firme per il prelievo dei soldi, che Pantani avrebbe usato per comprare la droga, sarebbero falsificate, e che non c’era traccia di droga nella camera del residence, come ci si aspetterebbe dalla stanza di un tossicodipendente che ne fa uso abituale e che il ciclista, a suo parere, non era dipendente dalla cocaina, né voleva suicidarsi. Afferma che la stanza era stata messa apposta in disordine (in particolare che il disordine causato fosse inverosimile per una persona sola in preda ad un’overdose, come fu sostenuto dalla procura), c’erano residui di cibo cinese, che Pantani non mangiava mai, nessuna bottiglietta d’acqua per ingerire la dose di cocaina (in realtà era presente una bottiglia semivuota, ma venne ignorata e non analizzata a sufficienza), e alcuni lividi sospetti sul corpo del ciclista, tali da far supporre un’aggressione di più persone, per forzarlo a bere l’acqua con la cocaina.
Nel 2014 la procura di Rimini ha riaperto il caso, archiviato come suicidio oppure overdose accidentale per la quale vennero condannati due spacciatori per omicidio colposo, ipotizzando invece il reato di omicidio volontario, come sostenuto dalla famiglia di Pantani. A noi però rimarrà sempre il senso di colpa per aver lasciato solo Marco negli ultimi istanti della sua vita.