16 giugno 1996. I Chicago Bulls, la squadra di Michael Jordan, sono una squadra da sogno e non fanno che macinare vittorie. Nello specifico è Jordan il miglior marcatore. Il 16 giugno i Chicago Bulls giocano gara 6 e Michael non gioca bene come al solito, probabilmente annebbiato dal ricordo del padre. Sì, perchè il 16 giugno 1996 è la terza domenica di giugno e, negli Stati Uniti, la terza domenica di giugno è la festa del papà. James Jordan è morto, o meglio, è stato ucciso 3 anni fa, ma il suo ricordo è indelebile e Michael gioca tutta la gara con l’unico pensiero in testa di vincere per lui.
Alla sirena, con il punteggio di 87-75, i Chicago Bulls chiudono la stagione vincendo il titolo, ma nessuno riesce a trovare Jordan.
È corso nello spogliatoio. La tensione scaricata in una delle immagini più straordinarie dello sport di tutti i tempi. Michael Jeffrey Jordan, sua Altezza Aerea, il miglior giocatore di basket di tutti i tempi, talmente forte da essere disumano, steso sul pavimento degli spogliatoi a piangere. La faccia tra le mani, il pallone abbracciato, come l’unico amico capace di consolarlo. His Airness singhiozza come un bambino. Sono tutti intorno a lui, chi passa una asciugamano, chi respinge i fotografi: tutti spiazzati, nessuno prova a toccarlo.
L’umanità di un campione irraggiungibile ci regala una delle immagini sportive più indimenticabili di sempre.