2 marzo 1962. In Pennsylvania i Philadelphia Warriors giocano contro i New York Knicks in quella che diventerà una partita leggendaria per il mondo del basket.
Sembra una serata qualsiasi e pare che Wilt Chamberlain (il centro più dominante in NBA) non sia nemmeno così in forma a causa di una notte brava passata tra alcool e donne.
E’ vero, qualche settimana prima, lo stesso Wilt aveva espresso l’assurdo desiderio di segnare 100 punti in una partita, ma non sembra questa l’occasione giusta. Anche i tifosi sono pochissimi e viene un solo fotografo, che se ne va alla fine del primo quarto. La partita è per 1/4 una normale partita di basket, per poi trasformarsi completamente. Wilt segna 41 canestri nei primi due quarti. Lo stadio si riempie in pochissimo tempo, il telecronista è letteralmente impazzito.
A fine partita, con 36 tiri dal campo e 28 tiri liberi (effettuati tra l’altro tirandoli dal basso, tenendo la palla con le mani all’altezza delle ginocchia e definiti da alcuni “tiri da nonna” o “granny shot”), Wilt mette a segno il centesimo punto, segnando di più di chiunque prima e dopo di lui.
Con l’abbandono dell’unico fotografo, non c’è nessun addetto ai lavori ad immortalare l’incredibile impresa di Wilt, ma si avvicina un ragazzino, il figlio di un Paul Vathis (che in quell’anno stesso vincerà il premio pulitzer per la storica foto di JFK e Eisenhower che camminano insieme) che chiede un autografo al campione. Paul vuole una foto per ricordare per sempre il momento, e per farlo fa scrivere a Wilt su un foglio la cifra del record, “100”.