La storia di Omayra Sanchez potrebbe sembrare datata perché risale a più di trenta anni fa, ma, invero, il suo insegnamento è universale, è eterno: è la testimonianza della forza del coraggio che supera anche la morte.
Il 13 novembre 1985, il vulcano Nevado del Ruiz in Colombia ha una violenta eruzione, considerata poi la seconda più disastrosa al mondo del ventesimo secolo per il numero di vittime mietute.
Tra le vittime del disastro c’è anche Omayra Sanchez, una tredicenne che resta intrappolata nel fango.
La notte dell’eruzione la ragazzina tenta di mettersi in salvo con i suoi famigliari.
Mentre fuggono, la nonna di Omayra cade in un acquedotto. Coraggiosamente, Omayra si cala nello stesso acquedotto per cercare di liberare la donna. Malgrado l’impegno, la ragazza non riesce tuttavia a salvare la vita della nonna perché il fango le travolge trascinandole via.
Ad un certo momento Omayra si trova con le gambe incastrate in una massa di detriti e putrelle in cemento. La sua condizione è drammatica: ha tutto il corpo sommerso, mentre la testa rimane fuori dall’acqua evitando, in apparenza per fortuna, l’annegamento.
Quando arrivano i soccorsi, non riescono ad intervenire per salvarla perché il suo corpicino è troppo bloccato tra i detriti. L’unica soluzione possibile per salvarla è di amputarle le gambe, tuttavia i chirurghi non riescono a raggiungere il luogo e non ci sono medici, pertanto è impossibile pensare di operarla.
Ciononostante i volontari, pur senza gli strumenti adeguati per estrarla, non si danno per vinti e cercano in ogni modo una soluzione.
Secondo una giornalista presente, Cristina Echandia, Omayra canta, prega e parla normalmente di se stessa, dei suoi amici, della scuola, della nonna. Ha anche parole di conforto verso chi si inquieta per la sua sorte ineluttabile, che sa essere segnata.
Arriva la terza notte di agonia e la piccola inizia ad avere delle allucinazioni, dicendo di non volere arrivare in ritardo per la scuola. Dopo 60 ore di esposizione, il cuore della piccola cede alla cancrena e all’ipotermia.
Tutto il mondo è stupito dal suo coraggio e dalla dignità con la quale affronta la morte.
Appena prima della morte della giovane, il fotoreporter Frank Fournier immortala per sempre gli occhi profondi di questa ragazzina così straordinaria.