Stasera una FASCIA DARK un po’ più tecnica.
Parliamo stasera delle Fotografie post mortem, una pratica fotografica utilizzata nell’epoca vittoriana per ricordare i propri cari defunti.
L’origine della pratica risale ad alcuni secoli prima quando le ricche famiglie commissionavano dipinti dei loro cari ovviamente a prezzi elevati. Il ritratto post mortem era perciò una prerogativa delle classi più abbienti o addirittura degli artisti stessi: personalità come Monet, Picasso e Gauguin ritrassero a loro volta persone a loro care.
Con l’avvento della fotografia, la gente iniziò a farsi fotografare assieme ai defunti per avere un ricordo indelebile di essi.
Le foto post mortem furono particolarmente in voga nell’Epoca vittoriana, a causa dell’alto tasso di mortalità infantile e spesso le fotografie post mortem erano l’unica foto che i genitori avevano dei loro figli. Questo aspetto spiegherebbe perché i soggetti siano per lo più ritratti come se ancora fossero in vita; con gli occhi aperti o dipinti sulle palpebre, le guance colorate di rosa e spesso comprendevano persone vive accanto al defunto per rendere più realistico lo scatto.
Negli anni a seguire invece si iniziò a rappresentare i cadaveri come se fossero in vita, seduti sulle sedie e con gli occhi aperti; i bambini, invece, erano spesso mostrati mentre riposavano su un divano o in una culla, a volte con un giocattolo preferito o con degli animali domestici. I bambini molto piccoli venivano fotografati nelle braccia della madre.
Successivamente le foto post mortem si limitarono solamente a mostrare il soggetto in una bara, tralasciando la componente realistica della foto. La pratica della fotografie post mortem cadde in disuso negli anni ’40 anche se è tuttora praticata in alcune parti del mondo