Nata a Montella, in provincia di Avellino, Leonarda Cianciulli si trasferirà nel paese che la renderà tristemente famosa solo nel 1930 quando ha già 37 anni. La sua vita fino ad allora non è stata delle più semplici con un’infanzia caratterizzata dall’insofferenza dei genitori e una giovinezza segnata da ben 17 gravidanze con 3 aborti spontanei e 10 neonati morti nella culla. La Cianciulli riesce però a portarne a termine quattro sviluppando un attaccamento ossessivo per i suoi adorati figli. La donna è inoltre convinta di essere vittima di una maledizione, scagliata dalla madre in punto di morte, e, per proteggere la sua prole, il bene da difendere a qualunque prezzo, si convince di dover fare dei sacrifici umani.
Decide quindi di “pescare” le sue vittime tra la ristretta cerchia di conoscenti per lo più composta da donne sole e desiderose di dare una svolta alla propria vita.
Nel 1939, la prima è Faustina Setti abbagliata dalla promessa di un matrimonio. Seguendo il consiglio della Cianciulli vende tutti i suoi averi e prepara delle lettere in cui rassicura i suoi familiari sulla sua fuga d’amore a Pola. Non le spedirà mai. La Cianciulli infatti la uccide a colpi di scure e ne seziona il corpo che fa bollire con della soda caustica. Con il sangue della vittima, essiccato e macinato, unito a della farina, la donna cucina dei dolcetti che offre ai suoi ospiti e ai suoi stessi figli convinta di proteggerli grazie al potere magico del sacrificio. Sarà la stessa Leonarda a descrivere il processo di smaltimento del corpo: “Gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi e che vuotai in un vicino pozzo nero. Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno, lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto. Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe (il primogenito) e io”.
Il figlio maggiore è poi inviato a Pola per imbucare le lettere scritte prima di morire da Faustina.
Il primo delitto è stato compiuto e nessuno ha il benché minimo dubbio su Leonarda.
La seconda vittima è Francesca Soavi, illusa questa volta da un fantomatico lavoro in un collegio femminile di Piacenza. Anche per lei, la scure di Leonarda Cianciulli cala inesorabile e anche per lei c’è un pentolone in cui bollire.
Nel caso di Francesca, la Cianciulli decide di ricavare una rendita dalla vittima, e si occupa quindi della vendita di tutti i suoi averi. Ancora una volta, nessuno ha qualche sospetto sulle dichiarazioni di Leonarda complici anche le finte cartoline fatte compilare come sempre prima della morte della povera Francesca.
La terza e ultima vittima è Virginia Cacioppo. Anche lei viene ingannata dalla promessa di un lavoro (questa volta a Firenze) e anche lei viene brutalmente uccisa e sezionata. Con i suoi resti la Cianciulli non si limita a produrre dolci, ma crea anche delle saponette, il triste prodotto che la renderà nota in tutta Italia come saponificatrice. Sarà la stessa Leonarda a raccontare la sorte di Virginia: “Finì nel pentolone, come le altre due… la sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose accettabili. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce”.
Dopo l’omicidio di Virginia però le indagini iniziano su segnalazione della cognata della vittima che l’ha vista per l’ultima volta mentre entrava nella casa della Cianciulli.
Si risale facilmente a Leonarda che confessa subito i tre omicidi, ma gli inquirenti sono dubbiosi su come una donna anziana e di bassa statura abbia potuto uccidere e smembrare tre corpi completamente da sola e si concentrano sul figlio maggiore della Cianciulli cercando in lui un complice.
E’ in questa occasione che la Cianciulli, decisa più che mai a difendere la sua progenie, seziona in soli 12 minuti, davanti a magistrati ed avvocati, il cadavere di un barbone per poi procedere alla saponificazione.
Dichiarata colpevole di triplice omicidio, distruzione di cadavere tramite saponificazione e furto aggravato, la saponificatrice di Correggio viene condannata a 30 anni di reclusione e tre da scontare prima in un ospedale psichiatrico. Non uscirà mai dal manicomio criminale. La donna dirà sempre di non aver ucciso per odio o per avidità, ma solo per amore di madre.
Il 15 ottobre del 1970, Leonarda Cianciulli muore per un’emorragia cerebrale e il suo cadavere viene sepolto in una fossa comune del cimitero di Pozzuoli. Molti anni dopo il figlio Giuseppe dichiarerà in un’intervista: «La prova che mia madre si sia macchiata di quei crimini orrendi, in fondo, non c’è mai stata. Perché mai è stato trovato un cadavere. Con questo non voglio dire che mia madre fosse innocente, ma per affermare il contrario è valsa la confessione di una pazza, come unica vera prova»