In seguito alla rivoluzione del febbraio 1917, lo zar Nicola II dovette abdicare e iniziarono così una serie di eventi che porteranno all’esecuzione di tutta la famiglia imperiale. Dopo gli iniziali arresti domiciliari, i Romanov vennero trasferiti a Ekaterinburg in una casa confiscata a un mercante. Lì condivisero l’abitazione con delle guardie e vennero sottoposti a numerose angherie tra cui furti e molestie (in particolar modo le figlie di Nicola), oltre a dover sottostare a numerose regole come l’obbligo assoluto di non comunicare con le guardie, il divieto di parlare in lingue diverse dal russo e l’impossibilità di ricevere visite.
La guerra civile intanto imperversava nel paese e, considerata la rapida avanzata della legione dell’armata bianca, il soviet locale diede l’ordine di accelerare i tempi di esecuzione.
Nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918, la famiglia venne svegliata e venne dato l’ordine di preparare i bagagli per un trasferimento. I Romanov e la servitù vennero condotti nello scantinato e venne dato un nuovo ordine: disporsi per una foto di notifica. Quando venne letta la sentenza, Nicola II ebbe appena il tempo di rivolgere una frase confusa (“Cosa? Cosa?”), mentre le sue figlie capirono e si fecero il segno della croce. Lo zar fu il primo a cadere e lo sparo che lo uccise fu il segnale di avvio alla strage.
Si sparò per venti minuti su una calca di corpi, eppure c’erano ancora dei sopravvissuti.
Le guardie erano sgomente, non riuscivano ad uccidere Aleksej che strisciava sul pavimento insanguinato e tre granduchesse si muovevano percettibilmente. I soldati le trafissero con le baionette ma non riuscivano a farle morire. Più tardi si scoprirà che i loro corsetti erano imbottiti di pietre preziose che le ragazze vi avevano cucito all’interno per non farsele sottrarre dalle guardie.
Costretto ad agire in fretta e senza ordini precisi, il comandante dell’esecuzione pensò di disfarsi dei corpi della famiglia imperiale, della servitù e persino dei due cagnolini delle principesse, gettandoli nella vecchia miniera.
I corpi vennero così denudati e fatti a pezzi. Sui resti venne gettato dell’acido per renderli irriconoscibili ma, non ancora del tutto soddisfatti, si decise di passare al fuoco alimentato dalla benzina.
Sepolti poi i miseri resti di quella che una volta era una delle famiglie imperiali più importanti d’Europa, venne fatta esplodere qualche granata per colmare la buca che fu infine ricoperta di travi e fango. Due corpi vennero bruciati a metà strada, dando vita alla leggenda di Anastasjia.
Nella foto, Nicola II e i suoi figli sul tetto di una fattoria a Tobolsk nel 1917. Una delle ultime fotografie scattate alla famiglia imperiale.