Uno dei misteri più affascinanti e tuttora irrisolti del secondo dopoguerra è rappresentato dal caso Taman Shud, ovvero il caso dell’omicidio dell’uomo di Somerton.
Il nostro racconto ha inizio in Australia, quando, la mattina del 1° dicembre 1948, su una spiaggia vicino a Somerton, nei pressi di Adelaide, viene ritrovato un cadavere. Un uomo morto giace sulla schiena, il braccio destro piegato e il sinistro disteso e con i piedi rivolti verso il mare. L’abbigliamento è forse troppo pesante per la stagione, ma nel complesso gli abiti sembrano di buona qualità e piuttosto eleganti.
È senza cappello, fatto insolito per il 1948, specialmente per un uomo così ben vestito, e senza portafoglio. Dietro l’orecchio porta una sigaretta integra e un’altra, fumata a metà, è appoggiata sulla parte destra del colletto del cappotto, tenuta ferma dalla guancia dell’uomo. Nelle tasche vengono ritrovati un biglietto dell’autobus usato da Adelaide a St. Leonards a Glenelg, un biglietto ferroviario di seconda classe non usato da Adelaide a Henley Beach, un pettine di alluminio, mezzo pacchetto di gomme da masticare, uno di sigarette e uno di fiammiferi.
Alcuni testimoni dichiarano di aver visto il corpo sulla spiaggia già dalla sera del 30 novembre, ma confessano di non essersi avvicinati perché convinti di trovare solo un uomo ubriaco e addormentato.
Dalle successive analisi si scopre che sono state rimosse tutte le etichette degli abiti, impedendo, in questo modo, un qualsiasi tentativo di risalire all’identità dell’uomo, e che le suole delle scarpe sono insolitamente pulite, come se fosse stato portato sulla spiaggia da qualcuno.
Anche l’autopsia rivela nuovi sorprendenti dettagli: emerge infatti che la morte è sopraggiunta con tutta probabilità tramite avvelenamento, ma non vengono riscontrate sostanze tossiche nell’organismo. L’identità dell’uomo rimane un mistero e, nonostante una foto venga fatta circolare anche oltre i confini nazionali, non si riesce a dare un’identità al cadavere.
Dopo circa un mese di ricerche, il 14 gennaio viene recuperata una valigia nei pressi della stazione ferroviaria di Adelaide, lasciata nel guardaroba la sera del 30 novembre. Al suo interno si trovano, tra le altre cose, un paio di pantaloni con della sabbia nei risvolti e un rocchetto di filo arancione che combacia esattamente con il filo utilizzato per riparare una tasca delle braghe dell’uomo di Somerton.
I nuovi indizi non forniscono tuttavia alcuna informazione utile all’identificazione, ragion per cui si decide di eseguire un’ulteriore analisi del corpo. È da quest’ultimo controllo che emerge un nuovo, misterioso tassello dell’enigma: un pezzetto di carta situato in una tasca nascosta dei pantaloni dell’uomo. Il biglietto è stato strappato da un libro di poesie e vi è stampato sopra “Tamam Shud”, che in persiano significa “finito”, “concluso”. Si riesce a risalire al libro da cui è stata estrapolata la frase, una rara prima edizione di un libro di poesie. Sul retro dell’opera sono stati scritti a mano un numero di telefono australiano, un numero sconosciuto e una sequenza di cinque righe di testo che si sospettano essere un codice segreto:
WRGOABABD
MLIAOI
WTBIMPANETP
MLIABOAIAQC
ITTMTSAMSTGAB
Nemmeno i crittografi riescono tuttavia a decifrare il presunto codice a causa del limitato contenuto a loro disposizione, ragion per cui si decide di seguire l’unica pista certa: il numero di telefono scritto sul retro del libro di poesie a cui risponde, a sorpresa, una donna, l’infermiera Jessica “Jestyn” Thomson.
Durante l’interrogatorio, questa nega con fermezza di conoscere l’uomo di Somerton, ma quando le viene mostrato il calco in gesso della vittima, distoglie subito lo sguardo e, con una reazione molto forte, pare quasi di essere sul punto di svenire, attirandosi non pochi sospetti.
Jestyn, inoltre, si rivela essere un’ottima conoscitrice della lingua russa, che parla fluentemente; un’abilità molto particolare all’epoca e spesso legata all’attività di spionaggio.
Noi ora conosciamo questi dettagli, emersi quasi 50 anni dopo i fatti, ma all’epoca la donna riesce ad ottenere un silenzio stampa totale sul suo eventuale coinvolgimento, che continua a negare fermamente, impedendo di fatto il procedere delle indagini sull’unica pista percorribile.
Alla polizia non rimane che seppellire il misterioso uomo di Somerton senza aver dedotto alcunché sulla sua identità o sulla sua morte. Dopo alcuni anni, iniziano a sbocciare dei fiori sulla tomba, ma di nuovo non si riesce a dare una spiegazione al fenomeno.
Solo nel 2009, grazie alle moderne tecnologie, si scoprirà che l’uomo di Somerton possedeva alcune caratteristiche molto particolari comuni a una percentuale bassissima della popolazione mondiale: la cavità superiore delle orecchie è molto più grande rispetto a quella inferiore, una caratteristica appartenente solo all’1-2% degli individui caucasici ed entrambi gli incisivi laterali sono affetti da ipodontia, anche questa una peculiarità rara, comune a solo il 2% della popolazione mondiale.
Nel giugno 2010 si riesce ad ottenere una fotografia del figlio di Jestyn, Robin Thomson, nella quale sono evidenziati chiaramente sia le orecchie, dalla stessa conformazione dell’uomo di Somerton, sia l’ipodontia.
Le probabilità che queste somiglianze siano frutto solo di una coincidenza sono stimate a una su dieci-venti milioni, confermando il sospetto sul coinvolgimento dell’infermiera in tutta la vicenda. Inoltre, la figlia di Jestyn rivelerà una confidenza della madre: lei conosceva l’identità dell’uomo di Somerton. Nessun riscontro sarà più possibile, la donna si è portata nella tomba il segreto su quella vittima misteriosa.
Chi era quindi l’uomo di Somerton? Una spia? Una vittima ignara?
E la Thomson che ruolo ha avuto in tutto questo? Era una testimone scomoda a cui è stato imposto il silenzio? O l’amante della vittima?
E cosa può significare lo strano codice del libro?
La polizia dell’Australia Meridionale considera il caso ancora aperto, ma molte delle prove sono scomparse e nessuno riesce ancora a risolvere il mistero dell’uomo di Somerton.