La storia comincia il 24 agosto del 1984 quando i coniugi Rosemarie e Josef Fritzl denunciano la fuga apparentemente volontaria della figlia diciottenne Elisabeth. La polizia crede alla versione della coppia anche perché si tratta del secondo tentativo di allontanamento della ragazza che già due anni prima era scappata da casa per poi essere riconsegnata alla famiglia dalla polizia.
Solo in seguito si scoprirà la terribile verità: Elisabeth non si è allontanata da casa, ma è stata rinchiusa in un bunker sotterraneo composto da sette camere senza finestre dal suo stesso padre proprio a causa del primo tentativo di fuga nel quale la ragazza aveva cercato di denunciare gli abusi di Fritzl. Nei primi terribili sei mesi della sua prigionia, Elisabeth rimane sempre legata a un letto, drogata e costretta a scrivere una lettera (che il padre consegnerà poi alla polizia) in cui racconta ai genitori di essere scappata all’estero, chiedendo loro di non essere cercata. Elisabeth stessa fornisce una descrizione circa i suoi primi mesi in catene: “Luci spente, stupro, luci accese, muffa, umidità e lui che va via”.
La ragazza rimane segregata per 24 anni, vittima costante degli abusi del padre che la visita circa tre volte a settimana portandole cibo e acqua, ma soprattutto violentandola. A causa di queste violenze, Elisabeth da alla luce sette figli ovviamente senza alcuna assistenza. Uno morirà alcuni giorni dopo la nascita, tre vivranno con il padre/nonno che dirà di averli trovati sulla porta di casa con dei falsi biglietti della figlia che chiedeva la presa in custodia dei neonati, mentre gli ultimi tre vivranno con la madre nel bunker senza aver mai visto la luce del sole.
Nessuno, né le autorità, né la moglie, né l’inquilino della camera sopra il bunker, sospetta niente.
Il 19 aprile 2008 Fritzl è però costretto a liberare prima la figlia maggiore nata dall’incesto a causa di una gravissima condizione medica, e poi Elisabeth che, finalmente libera e protetta dalla polizia, racconta al mondo i suoi 24 anni di prigionia.
Il 13 novembre 2008 Josef Fritzl, 73 anni, viene incriminato per riduzione in schiavitù, sequestro di persona, stupro, coercizione, incesto e per l’omicidio colposo del neonato morto. A sua difesa, l’uomo affermerà di aver sempre considerato Elisabeth come una compagna e non come una figlia e dirà anche di provare del bene nei confronti dei figli nati dall’incesto. Dirà anche di aver cercato di rendere la vita dei figli il più felice possibile, tenendo conto delle condizioni imposte dalla cantina, rifornendo il freezer di cibo sufficiente e curando il sistema di aerazione. Tutte queste affermazioni saranno però sconfessate al processo dalla figlia: secondo Elisabeth infatti in occasione di un viaggio all’estero del padre durato un mese, lei e i suoi bambini rischiarono di morire di inedia e di essere stata ammanettata più volte durante le molestie, oltre che obbligata a guardare film pornografici per ripeterne le scene.